Se tu non fossi stata sola
Sono giorni che penso a te con addosso le scarpe del liceo e il maglione di mamma
Ho visto una tua foto ed eri tutta sorridente. In posa davanti ad una vetrata e il cielo blu.
Perché non lo hai detto a nessuno? Te ne sei vergognata, vero? Lo so, qui in Italia sembra una vergogna.
È da giorni che penso solo a te, a quanto male puoi aver provato e a quanto ne potresti provare ora. È da giorni che penso a te perché abbiamo la stessa età e capisco cosa vuol dire rifugiarsi in un cuscino per poi uscire e far finta di niente.
O meglio, lo capisco per cose minori, per la tua posso provarci ma non credo di riuscire davvero a comprenderti perché è un dolore troppo grande, il tuo.
Vorrei chiederti delle cose e mi scuso in anticipo per l’indiscrezione.
Come hai fatto a nascondere due gravidanze?
Com’è possibile che nessuno ti abbia notato?
Come hai fatto a sopportare da sola tutto il carico che hanno comportato?
Le nausee le hai sentite?
Alle tue amiche cosa dicevi? E a mamma e papà?
Ma lui, invece, dov’era? Che ti ha fatto? Lo sapeva? Non glielo hai detto? Dai, credo lo sapesse anche da solo.
Sai, Viola (nome di fantasia), è da giorni che non penso ad altro se non a quello che ti è successo. C’è chi si riempie la bocca con un “non doveva”, “ha sbagliato”, “è un crimine”. È vero, Viola. Ma lo sai già, non credo porti a nulla che qualcuno te lo ribadisca. Lo sapevi anche mentre lo commettevi.
Ma io non riesco a non pensare che vorrei abbracciarti. Perché se a 22 anni ti ritrovi a nascondere due gravidanze, a partorire da sola e a porre fine a quelle vite appena iniziate, forse vuol dire che hai bisogno che qualcuno ti abbracci sul serio. E forse ne avevi bisogno anche da prima. Da quanto hai questo malessere di solitudine? In mezzo a tutte quelle amiche, una di loro ha notato che eri strana?
Certo, deve essere difficilissimo anche per tutti coloro che ti sono accanto, lo credo. Non esistono “io avrei fatto così” o ancor peggio “io avrei fatto meglio”.
Ma a me, adesso, importa solo di te.
Perché non hai abortito? Lo so che in questo paese ti guardano tutti male se lo dici e ancor peggio se lo fai. Ma tanto questo paese, ora, non cambia. Serve tempo.
E nel frattempo ti chiedo: hai pianto in questi due anni? Quanto dolore provavi ad accarezzarti la pancia? E quanto lucida eri quando su internet scrivevi “come indurre un aborto”, “come nascondere una gravidanza”, “quali farmaci per interrompere la gestazione”, “dopo quanto tempo i cadaveri iniziano a puzzare”?
Ma perché hai dovuto nasconderli i due pancioni? Chi ti avrebbe fatto male? Chi ti avrebbe sgridato? Non avevi nessuno a cui poterlo dire?
Viola sei nata donna e tutto è più complicato.
Vorrei abbracciarti, dirti che ti penso sempre, che ti sono vicina indipendentemente da quello che è giusto e quello che è sbagliato, indipendentemente dalla pena che sconterai. Ti sono vicina perché potrei esserti amica, perché forse abbiamo delle cose in comune e perché credo che alla nostra età si è troppo piccoli per fare tutto da soli. A 22 anni non si è pronti alla vita in tutto e per tutto, al massimo la si prova a percorrere e si impara camminando a piedi storti tra una cazzata e un impegno. Ti sono vicina perché deve essere stato straziante per te. E questo non giustifica, ma comprende.
Ti immagino sul letto a fumare mentre cerchi metodi fai-da-te per indurre l’aborto e un secondo dopo a mettere il rossetto per uscire con le amiche. È che, evidentemente, qualcosa ti è mancato davvero. Non so cosa, ma tu si. Una cosa talmente tanto forte da macchiarti a 22 di anni di ciò che è successo.
Quanto hai rischiato, Viola, a non fare mai una visita o un controllo (dando per vero che tu non l’abbia fatto).
Nessuno ha notato i tuoi occhi, la tua pancia, le tue smorfie, i tuoi seni, la tua camminata, il tuo cambiamento d’appetito, i tuoi umori, il velo sul tuo sguardo? Ammesso che tutte queste cose ci siano state, nessuno le ha viste?
Mentre tagliavi i cordoni dei bambini, a cosa pensavi? Quanto male, anche fisico, hai provato?
Mi dispiace di tutto, Viola. Mi dispiace se sono stata poco delicata ma ancor più mi spiace pensare a una lei di 22 anni lasciata ai margini tanto da compiere un gesto così estremo.
L’accaduto è quello, non servono altre parole. Sentivo di doverne spendere due per te, però. Sono giorni che non penso ad altro, in cui allo specchio mi preparo per andare a lavoro e ai piedi porto ancora le scarpe del liceo e il maglione di mamma. E penso che forse anche tu, specchiandoti, prima di compiere i fatidici gesti, abbia indossato il reggiseno del tuo quinto liceo, abbia coperto con il correttore i brufoli dei vent’anni e le rughe inesistenti, abbia guardato un peluche su una mensola e abbia detto “mamma, torno subito”. E poi sei tornata, come se nulla fosse.
Hai solo 22 anni e continuerai ad averli per un anno o forse meno e tra qualche mese ne avrai ancora 23, solo 23. Mi dispiace ci sia poco spazio d’ascolto per noi, Viola. E scusami se ti prendo ad esempio per esprimere un pensiero: l’aborto non è una vergogna, piuttosto è un diritto e ancor di più è un diritto praticarlo nella più totale riservatezza.
Che mai più una 22enne si ritrovi a fare tale ricerche su internet. Perché davanti a noi c’è una vita e spero che nel percorrere la mia io riesca ad ascoltare educazione, prevenzione, possibilità e diritto accanto alla parola aborto.
Io non so che ti è successo per arrivare a tanto Viola e da adesso vivere sarà un inferno, forse. Sappi (e forse non lo saprai mai) che penso a te in ogni istante. E forse non sarà la verità, perché non ti conosco e non posso chiedertelo, ma credo che ritrovarti a compiere una simile azione porti dietro di sé un malessere pesante.
Ti abbraccio Viola,
con i calzini dei vent’anni, lo sguardo vivido di chi sta ora imparando a vivere, mentre percorro i passi verso i miei sogni e mentre bacio un ragazzo che si impegna a tutelare sia me che lui, ma quello è un altro discorso e credo che tu lo sappia già, non spenderò altre parole, se non quelle due frasi buttate nel mucchio un paio di paragrafi su, per quel lui che ha impiantato in te un seme e ti ha lasciato in un inferno da sola (se così è successo).
Io penso a te perché a quei due bimbi ci penserai già tu e non credo serva ricordartelo.
Io penso a te perché a 22 anni riesco a malapena a pensare a me.
Le tue parole confermano sempre di più l'idea che per vedere e ascoltare servono più che un paio di occhi e di orecchie. Non so ancora stare in silenzio, ma ci provo. Più taccio e più una ragazza mi parla in una lingua a me aliena: il linguaggio del silenzio, un vento leggero a volte pungente. Da attore vorrei poter urlare ciò che pensa una donna costretta a soffocare in quel silenzio. Grazie benedetta per i tuoi pensieri e le tue parole! <B
❤️